Multitasking … da evitare?

26 Febbraio 2016
Redazione
Lo sviluppo e la diffusione delle tecnologie introduce nel panorama dei comportamenti cognitivi nuove prospettive e diversi costrutti.
I nostri giovani sono immersi in un mondo tecnologico, utilizzano nuove modalità di comunicazione e sono costantemente connessi alla rete mediante tablet e smartphone .
Bambini e adolescenti dimostrano grande familiarità con le tecnologie e sviluppano nuove modalità di comunicazione. Secondo dati raccolti in Gran Bretagna, i giovani tra i 12 e i 15 anni utilizzano prevalentemente messaggi, mentre solo il 3% delle loro comunicazioni avviene mediante colloqui telefonici. Tuttavia, i cambiamenti indotti dalla diffusione delle tecnologie sono intergenerazionali e modificano anche i comportamenti degli over 15.
Infatti, rispetto ad un analogo studio condotto nel 2010, la popolazione britannica adulta in media dimostra un incremento nell’uso dei device di due ore giornaliere, giungendo a più di 11 ore al giorno. La ricerca condotta dall’Ofcom, rileva che in Gran Bretagna le persone spendono maggior tempo utilizzando i media e le tecnologie della comunicazione, che dormendo. Questo perché sono assai diffusi comportamenti multitasking.
Il fenomeno naturalmente non riguarda solo i britannici. Nonostante sia largamente diffuso, il concetto di multitasking è però ancora soggetto ad approfondimenti scientifici e a tentativi di migliore definizione.
Ad esempio, alcuni ricercatori distinguono multitasking e policronicità. Quest’ultima costituirebbe uno stile della persona, una preferenza nel fare più cose nello stesso tempo. Il primo descriverebbe invece solo l’effetto comportamentale, senza indicare la preferenza della persona. Insomma in alcune situazioni si potrebbe essere forzati a svolgere contemporaneamente più compiti ma senza per questo gradire particolarmente questa strategia. La policronicità dunque indicherebbe una preferenza, uno stile, adottato indipendentemente dai condizionamenti ambientali; con multitasking si definirebbe invece il comportamento concretamente realizzato che però potrebbe anche essere indotto forzatamente da fattori esogeni.
La propensione ad adottare comportamenti di policronicità non sembra essere correlata con tratti culturali né con particolari capacità cognitive. Sembra esservi però una correlazione tra preferenza per comportamenti multitasking e personalità estroversa. Insomma le persone che amano fare più cose simultaneamente sarebbero maggiormente orientate alle relazioni sociali.
Anche il rapporto tra livelli di efficacia e policronicità /multitasking, non sembra restituire risultati conclusivi. Alcuni studi hanno sottolineato l’impegno della memoria di lavoro nel passare da un compito all’altro, registrando una caduta dei livelli di attenzione e di accuratezza. Questi effetti però sembrano scomparire se si lavora sotto pressione, poiché questo favorisce la concentrazione e facilita emotivamente il passaggio da un compito all’altro. Inoltre l’efficienza nel condurre azioni simultanee è influenzata dalla natura del compito: così chattare sul telefonino e scrivere una email non è così difficile come conversare mentre si suona il pianoforte.
Risultati sorprendenti sono stati trovati in un studio condotto nel 2015 in Florida, pubblicato su Plos One. La ricerca intendeva indagare l’incidenza del morbo di Parkinson sull’esecuzione di compiti cognitivi, simultanei ad una prestazione motoria. Ai partecipanti è stato chiesto di pedalare per due minuti su una cyclette, scegliendo liberamente la velocità della pedalata. Successivamente, nelle medesime condizioni, si è chiesto ai partecipanti di risolvere alcuni test via via più impegnativi, mentre pedalavano. I risultati più sorprendenti sono venuti dal gruppo di controllo, costituito da soggetti sani. Si è scoperto che i partecipanti sani pedalavano ad una velocità superiore del 25% rispetto alla situazione iniziale, mentre risolvevano i test più semplici (come ad esempio pronunciare la parola “vai” alla comparsa di una stella blu che era proiettata su uno schermo). Anche durante la soluzione di compiti più complessi (ad es. ripetere lunghe liste di numeri in ordine inverso a quello della presentazione) la velocità di pedalata, pur essendo inferiore che durante i compiti più facili, è stata comunque più elevata rispetto alla situazione iniziale in cui i soggetti non erano impegnati in compiti cognitivi.  La performance nella soluzione dei test non ha risentito dell’impegno motorio.
Altri studi hanno però evidenziato che la simultaneità di prestazioni motorie e compiti cognitivi, se prolungata per un certo tempo, può causare una diminuzione delle prestazioni in termini di resistenza fisica.
Questi risultati richiedono evidentemente ulteriori ricerche ed approfondimenti ma suggeriscono comunque di prestare grande attenzione allo stile di lavoro dei nostri studenti, anche in classe. Ancora una volta le evidenze della ricerca sollecitano i docenti all’attenta osservazione dei comportamenti cognitivi degli studenti e, insieme, invitano ad una grande sensibilità culturale per i rapidi cambiamenti in atto.

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Tags: multitasking, tic,

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