Istruzione: tutto da riformare?

12 Maggio 2015
Admin

Approfondimenti

Si discute molto di Buona scuola. E’ proprio vero che la nostra scuola deve essere radicalmente cambiata? E’ davvero una scuola così profondamente inadeguata?
Accanto a dati certamente preoccupanti come quelli relativi alla dispersione scolastica ed ai risultati nei test internazionali sui livelli di apprendimento, ve ne sono altri che sembrano disegnare una realtà complessa e variegata.
La scuola è luogo di costruzione di legami sociali e di cittadinanza. Studenti tra i 16 e i 18 anni, nell’ambito dell’ Indagine sulla percezione del fenomeno mafioso del Centro Studi Pio La Torre, hanno espresso un elevato tasso di fiducia verso gli insegnanti, fiducia assai più alta di quanto ne riponessero nei politici e persino verso le forze dell’ordine.
Secondo quanto rilevato da un sondaggio Demos Coop condotto per Repubblica ad aprile 2015, quella dell’insegnante di scuola primaria è considerata una professione prestigiosa, subito dopo quella del magistrato, del docente universitario e del medico. Appena due posizioni più in basso, si colloca la professione di insegnante di scuola secondaria di primo grado. Rispetto ad un’analoga rilevazione condotta nel 2007, le professioni legate all’insegnamento sono cresciute costantemente nel prestigio loro attribuito.
Anche le nostre università migliorano costantemente il loro posizionamento. La Bocconi è settima al mondo (e terza in Europa) nella categoria business e management, mentre il Politecnico di Milano risulta decimo al mondo nella sezione design, secondo il ranking per disciplina redatto dall’agenzia Quacquarelli Symonds che valuta i migliori atenei del mondo e dal 2011 produce classifiche anche per i singoli ambiti disciplinari. Per il numero di posizioni ottenute nelle 36 classifiche stilate nelle diverse discipline, l’Italia è l’ottava nazione più rappresentata ed è la seconda in Europa continentale (Inghilterra a parte), dopo la Germania (Scuola 24 – Sole24Ore)
Quelli citati sono solo alcuni dei moltissimi dati disponibili (molti dei quali di segno opposto) utili per cercare di comprendere meglio il servizio reso dall’istruzione nel nostro Paese. Rimane la convinzione che piuttosto che esprimere giudizi generici e poco attenti, spesso condizionati da esigenze di audience dei media, sarebbe opportuno condurre ragionamenti più analitici ed approfonditi, per individuare corrette direzioni di cambiamento o di rafforzamento delle nostre strutture formative.
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